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Ciao! Ti diamo il benvenuto in un nuovo articolo del Blog targato Thesis 4u!

Qualche settimana fa abbiamo parlato di un altro tema importante per la crescita personale di ognuno di noi, quello della Learning Agility (se ti sei perso/a l’articolo, puoi leggerlo da qui). Nell’articolo di oggi parleremo di un metodo strategico che ci permette di crescere personalmente e trasformarci nel coach e consulente di noi stessi: il Problem Solving.

Molto spesso la vita, così come il lavoro, la scuola o l’università, ci mette di fronte a delle situazioni che non sappiamo affrontare, e finiamo per disperarci senza riuscire a risolvere le problematiche, spesso aggravandole.

problem solving

Esiste però un modello messo a punto da esperti di tutto il mondo, che consiste nel definire una strategia finalizzata a riflettere su alcuni fattori che riguardano il nostro problema, in modo tale da migliorare la situazione in cui ci troviamo, semplicemente cambiando l’atteggiamento con cui la affrontiamo.

Tale modello può essere applicato in qualsiasi momento della vita e per qualsiasi problematica: nel caso in cui perdo il lavoro oppure se chiude la mia azienda, se sono un’atleta bloccato nella mia performance o un’artista, ma anche a pazienti che hanno un determinato tipo di disturbo.

Se ti piace mettere in moto il cervello e vuoi diventare un bravissimo Problem Solver, continua a leggere l’articolo: scoprirai non solo quali sono i sette pilastri essenziali della strategia, ma ti daremo anche degli esempi pratici su come ragionare nel caso in cui si presenti un determinato problema. Iniziamo!

Il Problem Solving come filosofia di vita

Il Problem Solving è un metodo, una forma mentis, un modello di ragionamento, una filosofia di vita che permette a chi lo applica di migliorarsi. Sapere come affrontare i problemi e realizzare determinati obiettivi preposti, non è utile solo per gli individui, ma anche per le organizzazioni.

Infatti, a livello aziendale, migliorare un processo equivale anche a migliorare un determinato prodotto o servizio offerto dall’azienda: è molto utile risalire alle attività e relazioni che hanno contribuito alla realizzazione di un problema, all’interno del processo di controllo dell’organizzazione stessa.

Non siamo qui per dirti che attraverso il Problem Solving non ti si presenterà mai alcun problema: il nostro obiettivo è quello di illustrarti un metodo che ti aiuterà ad utilizzare il cervello e il ragionamento, evitando di cadere nella disperazione a autocommiserazione.

Inoltre, “non c’è niente di più teorico che una buona pratica“, dunque se prenderai dimestichezza con il modello e lo applicherai ogni volta che c’è da risolvere una situazione problematica, è più probabile che ti aiuterà in molte situazioni della vita! Iniziamo con il capire quali sono le sette fasi principali del Problem Solving.

Quali sono i 7 pilastri essenziali del Problem Solving?

Il Problem Solving è un metodo di ragionamento, che può essere schematizzato in sette fasi essenziali, come illustrato dallo psicologo e psicoterapeuta italiano Giorgio Nardone.

Di seguito, vedremo ogni fase affiancata da esempi pratici di comportamento, ma ricorda: non è possibile passare alla fase successiva se non si è ancora conclusa la precedente!

1. Definizione delle problematiche.

La definizione delle problematiche comprende un’analisi concreta e dettagliata della situazione che dobbiamo affrontare, ed è il primo passo del Problem Solving.

La fase dell’identificazione di un problema, è complessa ed è importante non abbattersi ed analizzare il più possibile ogni sfaccettatura. Possiamo pensare o ancora meglio scrivere ogni cosa che ci fa soffrire, e in merito ad ognuna porci alcune domande (leggi il paragrafo successivo per scoprire alcune domande utili).

2. Definizione degli obiettivi.

E’ necessario avere una visione chiara di che cosa dovrebbe cambiare a partire dalla situazione in cui ci troviamo. Molto spesso tendiamo a confondere il problema con gli obiettivi, vediamo un esempio di ragionamento ispirato al Problem Solving.

Prendiamo una situazione tipo: devo andare a lavorare con la macchina, ma mi si bucano le gomme. Qual è il mio obiettivo? Avere le gomme riparate o arrivare in tempo a lavoro?

Se pensi che l’obiettivo sia avere le gomme riparate, allora la lettura di questo articolo sarà per te più utile che mai! Infatti, il vero obiettivo è arrivare in tempo al lavoro, mentre avere le gomme riparate, costituisce la nostra situazione problematica, ma non la vera priorità: esistono infatti svariati modi diversi per arrivare a lavoro, come ad esempio prendere un autobus, o chiedere passaggio ad un collega, che sono differenti dal riparare le gomme.

3. Tentate soluzioni.

Le tentate soluzioni sono le soluzioni che non hanno funzionato. In qualità di esseri umani, quando ci si pone un problema, tendiamo spesso ad adottare gli stessi metodi risolutivi che in passato ci hanno permesso di ottenere successo, ma in realtà ogni strategia, azione e pensiero, dovrebbe essere analizzata consapevolmente. Vediamo un esempio pratico.

Ipotizziamo di avere paura di qualcosa, quali sono gli atteggiamenti tipici (sbagliati) che possiamo assumere?

  • controllo ansia, reazioni e funzioni fisiologiche per tenere a bada la paura;
  • evito di trovarmi in quella situazione che mi spaventa;
  • cerco protezione per non affrontare da solo/a la paura.

Questo tipo di atteggiamento è sbagliato, in quanto amplifica la paura e confermo a me stessa/o di non essere in grado di affrontare da sola/o un certo tipo di situazione, fino a diventare panicante.

Per uscire dalla trappola della paura, ed essere un buon Problem Solver, è invece necessario avere il coraggio di cambiare, aumentando la paura volontariamente, e questo vale per qualsiasi situazione problematica che ci potremmo trovare davanti!

4. La situazione peggiore.

La logica del paradosso viene spesso utilizzata nei metodi che si basano sul ragionamento, come il Problem Solving, e consente di ottenere qualcosa spingendo nella direzione contraria a quella che vorremmo raggiungere.

Mettendo ad esempio per iscritto come potrebbe peggiorare la situazione in cui ci troviamo, la mente genera automaticamente delle idee nuove e creative per aggirare la situazione: questa strategia viene utilizzata soprattutto dai manager che devono pensare costantemente a soluzioni alternative per migliorare la propria Learning Agility (puoi leggerlo da qui).

5. La situazione oltre il problema.

Il quinto pilastro del Problem Solving prende in psicologia anche il nome di Butterfly Effect, ovvero effetto farfalla. Secondo questo principio, ogni decisione quotidiana, ogni piccola abitudine, finiscono per produrre un cambiamento esplosivo nel corso del tempo. 

Dunque, è molto utile cominciare oggi a comportarmi come se fossi già al di là del problema! Conosci questa frase?

Il battito delle ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo.

E’ tratta dal film The Butterfly Effect, che ti consiglio di guardare se non lo conosci!

6. Tecnica dello scalatore.

Nel momento in cui mi trovo oltre il problema, nella situazione desiderata, devo chiedermi quali piccoli passi mi hanno portato a questa condizione. Per fare un ragionamento di questo tipo, è necessario avere tanta lucidità mentale, ma è una tecnica che permette di rendere il processo di cambiamento graduale, creando però un vero e proprio effetto valanga.

Questa strategia di pensiero applicata al Problem Solving, prende il nome dall’operato delle guide alpine esperte per progettare la scalata di una montagna: invece di partire dalla base della montagna, nello studio del percorso da seguire, prendono avvio dalla vetta fino a giungere, a ritroso, al più piccolo passo da fare.

7. Soluzioni alternative.

A questo punto, hai tutto ciò che ti serve: sai cosa funziona e cosa no, dunque devi solo correggere il tiro, ovvero aggiustare la strategia in modo tale da renderla efficace, senza mai dimenticarci l’obiettivo per cui stiamo lottando.

Il Problem Solving e l’importanza di porci le domande giuste.

La maggior parte delle persone, quando si trova in una situazione problematica, assume un atteggiamento di difesa che non fa altro che peggiorare la situazione.

Un tipico comportamento è quello di piangersi addosso e di porsi le domande sbagliate, o meglio, con il tono di voce sbagliato, ad esempio “perché sempre a me?”, “perché gli altri non si trovano mai in queste situazioni?“, “perché sono così sfortunato/a?” e così via.

E’ invece molto utile porci le stesse domande, ma con un diverso tono di voce e con un diverso spirito, ovvero con la voglia di capire effettivamente qual è la risposta a questi quesiti, ad esempio riflettendo sul tempo che è trascorso tra l’istante in cui non esisteva il problema ed oggi:

  • ho incontrato nuove persone?
  • ho iniziato un nuovo lavoro?
  • mi sono interessato a certe fonti di ispirazione?
  • ho iniziato a comportarmi in maniera diversa dal solito?

Un altro atteggiamento positivo può essere individuare una persona che non ha mai avuto il problema che devo affrontare io, oppure che l’ha avuto in passato e l’ha risolto più o meno velocemente, e farmi aiutare da lui ponendogli delle domande (metodo che consigliamo soprattutto in ambiente lavorativo):

  • come ha risolto il problema?
  • cosa farebbe al mio posto per risolvere il problema?

Al giorno d’oggi, attraverso i Social Network è molto più semplice rispetto al passato contattare delle persone che non conosciamo ma che possono aiutarci a migliorare la nostra vita, ad esempio possiamo pensare di mandare una email a scrittori o Youtubers del settore, oppure potremmo ottenere consigli su come avere determinate qualità o capacità, oppure suggerimenti su altri libri o persone che potremmo contattare.

Cosa ne pensi del Problem Solving? Ritieni che sia effettivamente una filosofia di vita adottabile anche nel mondo del lavoro? Dopo avere letto questo articolo, credi che ad oggi ti sia ancora funzionale pensare in quel modo? Faccelo sapere sui nostri social!

About the author: Camilla, Blog Ambassador

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