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Ciao! Benvenuto/a in un nuovo articolo del nostro Blog targato Thesis 4u!

Nell’articolo di oggi ci addentreremo nel mondo della comunicazione digitale, analizzando l’enorme potere che i Social Network hanno sulle masse, e in particolare ci concentreremo sul fenomeno delle Fake News.

Vedremo insieme quali sono le principali tipologie di Fake News, come esse si diffondono e come possiamo evitare di cadere nella trappola esercitando il nostro pensiero critico. Infine analizzeremo il concetto di Clickbait, e proveremo a capire qual è la differenza tra un titolo fatto solo per prendere click, ed un titolo accattivante.

Hai preso in considerazione l’idea di trattare come argomento della tua tesi di laurea il tema della Comunicazione Digitale, e dunque approfondire il fenomeno delle Fake News, magari prendendo come riferimento la diffusione di questo problema durante la pandemia di Covid 19? In questo articolo troverai tanti spunti di tesi interessanti, ma se non ti convince questo tema, puoi sempre consultare la sezione ad hoc del nostro sito, e trovare l’argomento che fa per te.

Ma adesso, iniziamo!

La Società Digitale e il fenomeno delle Fake News

Nel corso degli anni come sappiamo abbiamo assistito ad una trasformazione digitale, che ha inevitabilmente impattato anche nei mezzi di comunicazione. Da giornali, radio e televisione, quelli che sono comunemente chiamati “mezzi di massa“, siamo passati per lo più ai Social Network, definiti anche “mezzi per le masse“.

I Social Network appaiono oggi come l’elemento più democratico che abbiamo nelle nostre mani: non esiste un mediatore che ci dice cosa postare, cosa commentare, cosa condividere, ma siamo noi a decidere i nostri comportamenti, ma questa nostra possibilità di evolverci democraticamente è purtroppo demonizzata dal fenomeno delle Fake News.

Le Fake News non sono certamente un’invenzione dei nostri anni: una tra le più antiche Fake News risale al 1814, quando Napoleone fu dato per morto, ma c’è da dire che è proprio durante le presidenziali americane vinte da Donald Trump che il termine Fake News è entrato nel linguaggio comune, a causa della diffusione di false notizie contro l’avversaria Hilary Clinton.

Tra i motivi per cui ad oggi questo fenomeno è così tanto diffuso, abbiamo il fatto che mentre in passato erano necessarie enormi risorse strategiche ed economiche per influenzare l’opinione delle masse, ad oggi basta una persona e pochi soldi, in quanto è proprio il contenuto digitale in sé ad avere le qualità che occorrono: persistenza, diffondibilità, ricercabilità e visibilità.

Pensiamo a Rosario Marcianò, noto complottista che però sul suo profilo Twitter si definisce “Ricercatore, scrittore, documentarista, giornalista indipendente. A great survivor.” e con le sue Fake News di ogni tipo è riuscito a pubblicare alcuni libri e ad oggi pur avendo un grande seguito, è costretto a vendere lampade per arrotondare le spese processuali per le condanne a suo carico ottenute anche grazie all’intervento del noto programma “Le Iene” (un ottimo esempio di Personal Branding mi verrebbe da dire… ovviamente scherzo e colgo l’occasione per approfondire l’argomento qui).

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In che modo vengono classificate le Fake News?

In generale una Fake News è una notizia falsa che va a rovinare la qualità dell’informazione, distorcendo la realtà e disinformando le persone a scopri di guadagno, visibilità e manipolazione. Tra bufale, teorie del complotto e notizie verificate, andiamo a vedere la classificazione delle Fake News fatta dal sito di Debunking BUTAC (se non sai cosa sia il Debunking, continua a leggere l’articolo).

1. Collegamento ingannevole.

In questo caso titolo, immagine e contenuto risultano essere del tutto scollegate (fenomeno del Clickbait su cui ritorneremo). Questo tipo di Fake News solitamente ha l’obiettivo di spingere il lettore a cliccare sulla notizia, spinto dalla curiosità nei confronti di titolo e immagine, per guadagnare grazie al click, oppure per inserire tentativi di truffa al posto del contenuto.

Inoltre c’è da dire che le Fake News hanno maggiore successo se hanno delle immagini, in quanto agli occhi dei lettori, le immagini rappresentano spesso la prova inconfutabile della veridicità di una notizia.

2. Contenuto fuorviante.

In questa categoria di Fake News ricadono le ben note Teorie del Complotto, nate con lo scopo di attirare visibilità su una persona o un gruppo di persone, e di disinformare i lettori con la speranza di manipolarle e portarle dalla loro parte: le teorie del complotto prendono piede anche grazie ad un meccanismo inconscio del lettore/ascoltatore, ovvero quello di saper di più rispetto alla massa e quindi di sapersi distinguere, traendone un guadagno personale di autostima.

fake news

3. Contenuto manipolato, contenuto ingannatore, contenuto falso.

Nel primo caso, la Fake News si basa su un fondo di verità; nel secondo caso il contenuto viene spacciato come proveniente da fonti esterne (ad esempio durante la pandemia, alcuni studi venivano attributi a dei veri medici, che però hanno dichiarato di non essersi mai espressi a riguardo). Infine il terzo caso, è la vera e propria bufala.

Le Fake News e il Filter Bubble

Incredibilmente studiosi e ricercatori di tutto il mondo, sono riusciti a trovare persino nel fenomeno delle Fake News un lato positivo: le false notizie sono in grado di penetrare il cosiddetto “Filter Bubble“. Se non sai di cosa si tratta te lo spiego in maniera semplice, ma puoi sempre approfondire l’argomento consultando le fonti di questo articolo.

In pratica noi tutti viviamo in una piccola realtà digitale, fatta di pubblicità pensata apposta per noi, personalizzazione dei contenuti, interazione con persone che condividono con noi interessi e pensieri, e ci convinciamo erroneamente che sia questa la realtà.

“La Filter Bubble è l’universo personale di informazioni in cui vivi online, unico e costruito solo per te dalla serie di filtri personalizzati che ora alimentano il web”.

Solitamente quindi siamo portati a condividere quanto è in linea con i nostri pregiudizi e sensazioni, e come possiamo facilmente comprendere, l’isolamento ideologico è un qualcosa che non va bene, in quanto sicuramente è utilissimo per le campagne marketing che possono inviarci della pubblicità “perfetta”, ma impedisce sempre di più agli esseri umani di confrontarsi con “realtà” e pensieri diversi dai propri.

Le Fake News, una volta diventate virali, sono invece capaci di rompere la Filter Bubble, e penetrando la cosiddetta “Camera dell’eco” mettono in contatto delle persone che altrimenti forse non avrebbero mai interagito tra di loro! Tipico caso in cui vediamo il bicchiere mezzo pieno no? Diciamo che sarebbe meglio sfruttare diversi metodi per combattere l’isolamento ideologico!

In che modo si diffondono le Fake News?

Le Fake News si diffondo attraverso i Social Media, e di conseguenza anche a causa dei telegiornali, in quanto ormai al giorno d’oggi gli stessi giornalisti diffondono contenuti che leggono sul Web.

In molti casi di tratta di una condivisione inconsapevole (misinformazione), ma spesso di vengono a creare dei veri e propri gruppi che tentano di influenzare l’opinione pubblica (disinformazione).

L’esempio più attuale e conosciuto da tutti riguarda la diffusione di notizie false ad opera di comunità di pratica digitale contro i vaccini, comunemente noti come “No Vax” durante la pandemia di Covid.

Non è nel nostro interesse in questo articolo addentrarci nei bizzarri collegamenti e terapie diffuse durante la pandemia, tantomeno assumere uno schieramento di qualche tipo, ma è utile mettere in luce la potenza che hanno avuto le “Smart Mob”, ovvero le “folle intelligenti”, che si sono riversate in questi ultimi anni nelle “piazze virtuali” a sostenere tesi e studi di presunti medici e persone di rilievo.

Infine, le Fake News spesso si diffondono anche attraverso campagne ad hoc, composte da “Bot” e “Troll“, che mediante Meme e post hanno lo scopo di manipolare il lettore per scopi che possono essere politici, finanziari e sociali. Pensiamo ad esempio ai Post Pro Trump che sono stati pubblicati su Facebook da Troll russi durante le presidenziali americane (se vuoi approfondire leggi gli articoli nelle fonti).

Fake News e Clickbait: differenze con il Copywriting

Come abbiamo già detto, il Clickbait è quel particolare tipo di Fake News in cui esiste una disconnessione tra titolo/immagine e contenuto. I titoli Clickbait sono spesso accattivanti, creano curiosità nel lettore che non può fare a meno che cliccare sul link, per poi spesso rendersi conto di essere caduto nella trappola.

Ma cosa distingue un titolo Clickbait da un titolo che funziona catturando click, senza deludere le aspettative del lettore? E’ importante parlare di questo aspetto, in quanto certamente prendere tanti click su una Fake News permette di guadagnare in modo semplice, ma i lettori perderanno fiducia nel brand e non leggeranno mai più tuoi contenuti.

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Il Clickbait è il titolo che porta ad un contenuto disonesto e fuorviante, in cui non viene offerto nessun valore a livello di educazione, intrattenimento, ispirazione o soluzione ad un problema. Un buon titolo deve essere sì preciso, personalizzato e provocante, ma sempre con l’obiettivo di dare beneficio ai lettori.

Parliamo dunque di tecniche di Copywriting, in particolare legate alle Headlines, perchè sono proprio loro a decidere chi leggerà il contenuto e chi si limiterà a scrollarlo!

Per prima cosa, il titolo deve provocare un’emozione, che può essere nostalgia, humor, ma anche paura di perdersi una certa novità, una certa tecnica, e deve promettere dei benefici, l’orgoglio di conoscere qualcosa. Una buona Headline inoltre sfrutta il meccanismo di “Open loop“: solamente continuando a leggere l’articolo, il lettore può chiudere il loop (ad esempio, un modo molto usato è quello di inserire il numero di steps nel titolo “5 modi per salvaguardare l’ambiente”).

Infine, una regola del Copywriting è sicuramente parlare dritti ad un certo target: a tutti noi piace parlare di noi stessi, e questo è uno dei motivi per cui gli articoli che propongono quiz sulla personalità sono super cliccati, per quanto stupidi (“Scopri che gelato sei”, siamo sicuri che anche tu hai fatto il test!).

Perché crediamo alle Fake News?

Uno dei motivi per cui molto spesso tendiamo a cadere nel tranello delle Fake News, è legato al fatto che viviamo talmente tanto immersi in un flusso continuo di informazioni, che ad un certo punto la nostra attenzione cala.

Tantissime informazioni, provenienti da fonti diverse (messaggi, post, video), dai significati diversi (di educazione, di puro intrattenimento), e in forme diverse, a cui siamo sottoposti continuamente, comportano che ci troviamo a leggere articoli frettolosamente, non rendendoci conto ad esempio del nome della fonte (il famoso “Il fatto quotidaino” al posto di “Il fatto quotidiano”).

C’è poi da riflettere sulle debolezze ed emotività intrinseche nell’essere umano: la stragrande maggioranza di noi è disposta a ritenere vere le cose che credono in tanti, e spesso non abbiamo il coraggio di andare contro corrente ed esprimere un’opinione diversa da quella della massa.

Fake News: il case study Cambridge Analytica

Siamo nel 2018, quando una delle frasi più cercate sul motore di ricerca Google è “Come cancellarsi da Facebook” e uno degli hashtag più utilizzati su Twitter è #WheresZuck: siamo nel bel mezzo dello scandalo Cambridge Analytica, che ha portato le fake news su un altro livello.

La Cambridge Analytica è una società di analisi, che all’epoca aveva come capo il CEO Andrew Nix, e tempo prima aveva avuto come vicepresidente Steve Bennon, braccio destro di Trump durante le presidenziali americane.

Nel 2018, un ex dipendente di Cambridge Analytica, rilasciò varie dichiarazioni in cui sosteneva che tale società di analisi, avrebbe influenzato le elezioni americane di fatto rubando i dati a 51 milioni di cittadini utilizzando Facebook, in particolare sfruttando un’applicazione gratuita chiamata “This is your digital life“, che con l’intento di delineare paure e vulnerabilità dei futuri elettori, si spacciava come test psicologico.

Questa applicazione infatti, era in grado di analizzare i like e i movimenti online non sono di chi effettivamente la utilizzava, ma anche della cerchia di amici della persona, e in base a questi formulava degli algoritmi capaci di inviare a tali individui delle informazioni e pubblicità mirate, al fine di cambiare la loro percezione della realtà e con l’intento di influenzarne il voto alle elezioni.

La spia soprannominata anche “Gola Profonda“, portò a corredo delle sue dichiarazioni tantissime email in cui si parlava appunto dei profili delineati, e del fatto che “le elezioni si vincono non tanto con i voti, ma con la paura”: questo portò all’inchiesta del New York Times contro la società di analisi, accusata di avere venduto tramite Bennon i dati ricavati a Trump, e di avere di fatto truccato le presidenziali.

Le conseguenze furono inevitabili: Nix, come anche “Gola Profonda” furono bannati da Facebook, e si generò un’isteria di massa paragonabile a quella che si avrebbe in una puntata della serie distopica Black Mirror, in cui la reazione principale sviluppata dai cittadini di tutto il mondo fu l’intenzione di cancellarsi da Facebook, che iniziò a crollare portandosi dietro anche Twitter.

Perchè abbiamo deciso di prendere Cambridge Analytica come Case Study di una trattazione sulle fake news? Ve lo chiariamo riportandovi le parole di Mark Turnbull, direttore operativo della società analisi, a telecamere nascoste:

Noi ci limitiamo a mettere informazioni su Internet, poi le osserviamo mentre crescono e diventano virali. Diamo una spinta ogni tanto e tornano a diffondersi di nuovo… come con un controllo remoto. Deve succedere senza che nessuno pensi che si tratta di propaganda, perché altrimenti la domanda successiva è: ‘chi l’ha fatta circolare?’

Insomma, si è trattata di un’enorme fake news del tutto pianificata, ma la morale che deve restare da questa storia è sempre una: Cambridge Analytica non ha fatto oscillare le presidenziali americane, ma ciò non significa che le nostre informazioni siano al sicuro, dunque bisogna sempre stare attenti a ciò che si pubblica in rete!

Come combattere le Fake News con il Debunking?

Le Fake News sono chiaramente un qualcosa di maligno nella nostra società, ma cosa possiamo fare per combatterle e per evitare nel tranello del Clickbait?

1. Esercitare il pensiero critico.

Rifletti su quanto stai leggendo, ti sembra possibile? Se hai dubbi sulla veridicità del contenuto evita di condividerlo, potrebbe appunto essere una Fake News! Se ti rendi conto che hai condiviso una notizia falsa, rettifica al più presto in modo da cercare di bloccarne la diffusione.

2. Valutare fonte, data, autore e notizia.

Leggi la Url del sito lettera per lettera, verifica che l’autore sia attendibile, e controlla che la data sia recente e che non si tratti di una notizia vecchia.

3. Fact checking con altre notizie.

Esistono tantissimi siti ad hoc che consentono di verificare se avvenimenti citati e dati usati in un testo o in un discorso sono attendibili: puoi trovare una carrellata di siti a questo link.

Infine, esiste proprio un’attività che ha il fine di smentire le Fake News, che prende il nome di Debunking. Nelle fonti video potrai approfondire l’argomento guardando la “Chiamata alle armi” di Guido Saraceni, professore all’Università degli Studi di Teramo, che da anni si occupa proprio di questo! Nel frattempo, ecco la definizione fornita da Wikipedia:

Un debunker, in italiano sbufalatore, demistificatore o disingannatore, è una persona che mette in dubbio o smaschera ciarlatanerie, bufale, affermazioni o notizie false, esagerate, antiscientifiche, dubbie o tendenziose.

E tu cosa ne pensi? Qual è stata la tua peggiore esperienza con il Clickbait? Ti è mai capitato di condividere una Fake News? Cosa hai fatto quando ti sei reso/a conto dello sbaglio? Raccontacelo sui nostri Social (ma niente bufale mi raccomando)!

About the author: Camilla, Blog Ambassador

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