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Sempre più spesso i giovani sono colpiti da una particolare sindrome caratterizzata da ritiro sociale e dipendenza alle tecnologie: oggi vi parleremo degli hikikomori.

Buongiorno a tutti e bentornati ad un nuovo articolo del blog di Thesis 4u!

In occasione della Giornata Nazionale contro le Dipendenze Tecnologiche, abbiamo deciso di dedicare l’articolo di oggi ad un argomento che lega salute mentale e nuove tecnologie: stiamo parlando degli hikikomori, persone affette da un particolare disturbo psicologico che colpisce sempre di più i giovani da ogni parte del mondo.

Infatti, tale fenomeno nasce in Giappone alla fine degli anni Settanta, per poi espandersi a macchia d’olio nel resto del mondo.

Chi è afflitto da questa sindrome tende ad autoescludersi dal mondo che lo circonda, rifugiandosi in un universo tutto suo, delimitato dalle mura delle sua stanza e dallo schermo del suo pc, unico ponte con la realtà.

È importante parlare di questo fenomeno in quanto si sta diffondendo molto rapidamente anche nel nostro Paese. Secondo un’indagine condotta da Chiara Iliano, psicologa dell’associazione Hikikomori Italia, dopo i mesi di isolamento dovuti alla pandemia da Covid-19, i casi di hikikomori sono ampiamente aumentati, con un numero che arriva a toccare i 150 mila casi dichiarati.

Senza contare tutti quei casi silenziosi, di coloro che decidono di non parlarne e conservare la propria storia all’interno delle mura domestiche.

Vediamo ora assieme, più nel dettaglio, chi sono gli hikikomori e qual è il loro legame con le nuove tecnologie.

Chi sono gli hikikomori e cosa significa questo termine

Il termine hikikomori fu coniato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito, per descrivere persone affette da una particolare sindrome, caratterizzata principalmente dall’autoisolamento e dall’attaccamento morboso alle nuove tecnologie, quest’ultimo sintomo aggiunto solo dopo l’avvento dell’era digitale.

Tamaki Saito decise così di dare un nome a tutte queste persone, tendenzialmente molto giovani con un’età compresa tra i 19 ed i 30 anni, che mostravano sintomi quali letargia ed isolamento totale.

L’espressione hikikomori, infatti, è composta dai due verbi, hiku e komoru, entrambi traducibili con il significato di ritirarsi, tirarsi indietro. Difatti, coloro che sono affetti da questa patologia hanno la tendenza ad autoescludersi dalla società, tirandosi indietro appunto.

In realtà, le prime manifestazioni di questa forma di ritiro sociale comparvero in Giappone nell’era pre-digitale, precisamente nel 1978, quando si parlava di tajkyaku shinkeishou ovvero “curare la nevrosi”, e ci si riferiva a persone che abbandonavano la loro vita fatta di amicizie, studio, lavoro e tanto altro per rinchiudersi tra le mura domestiche.

A queste persone non era stata diagnosticata nessuna patologia mentale come schizofrenia o depressione. Perciò si cercava disperatamente un termine per poterle definire ed identificare.

I giovani hikikomori si rinchiudono volontariamente nella loro stanza per un periodo che va da qualche mese a diversi anni. In questo luogo sicuro si creano una seconda vita in quanto stanchi della prima, quella vera.

A volte questi ragazzi rifiutano i contatti con qualsiasi persona esterna dal loro essere, perfino con i loro genitori, con la quale condividono l’abitazione.

L’unico ponte con la realtà è il mondo virtuale, dove possono essere loro stessi e creare un’esistenza parallela, nella quale le pressioni sociali non esistono e non hanno la meglio su di loro.

C’è un mito della mitologia giapponese che narra di Amaterasu, dea del Sole che si rinchiuse in una caverna, isolandosi dal mondo e facendo crollare l’oscurità sul Giappone.

La sua storia viene spesso ricondotta al fenomeno degli hikikomori, come se Amaterasu fosse la loro dea fondatrice:

“C’è un mito shintoista sulla dea del sole Amaterasu. Dopo lunghi scontri con il fratello, in segno di protesta Amaterasu si è rinchiusa in una caverna, isolandosi dal mondo. Oscurità e morte consumarono il Giappone. Solo con gli sforzi di milioni di altre divinità, Amaterasu fu attirata fuori dalla caverna e il mondo tornò alla luce e alla salute. Sebbene la storia di Amaterasu sia leggenda, oggi in Giappone decine e decine, forse migliaia, di giovani e adulti si stanno sigillando nelle loro caverne virtuali. Si chiamano hikikomori.”

Teo, A. R. (2010)

Il fenomeno che oggi stiamo analizzando non è ancora così conosciuto e studiato, soprattutto qua in Italia, tanto che ancora non viene classificato come un disturbo psichiatrico a sé stante ma legato ad altre patologie quali schizofrenia, depressione e ansia sociale.

Quali sono i sintomi degli hikikomori?

Il ministero della salute giapponese, vista l’importanza del fenomeno e i casi che aumentavano sempre di più, ha deciso di stilare una lista di sintomi e caratteristiche peculiari, per riconoscere i casi di hikikomori e provare a distinguerli da altre patologie:

1. Nessun accesso a contesti esterni al di fuori della propria abitazione o, addirittura, della propria stanza; talvolta gli hikikomori tendono a rifiutare anche i contatti con i propri genitori, nonostante vivano nella stessa abitazione. L’isolamento diviene così totalizzante: la propria stanza diventa l’unico luogo possibile, nella quale vengono compiute la maggior parte delle attività quotidiane;

2. Rifiuto di interessarsi ad attività esterne, come il lavoro o la socializzazione; gli hikikomori evitano qualsiasi tipo di comunicazione esterna, ad eccezione di quella mediata dalla rete, tramite l’utilizzo di chat, videogiochi online e social network;

3. Ritiro sociale di durata non inferiore ai 6 mesi;

4. Non vengono mantenute le relazioni esterne, per esempio con amici e colleghi;

5. Non viene diagnosticata la sindrome hikikomori se sono presenti altre patologie psichiatriche considerate di maggiore gravità, come depressione e schizofrenia, che spiegherebbero meglio il completo ritiro sociale.

Bisogna precisare, però, che non essendo ancora riconosciuto come disturbo psichiatrico non sono stati definiti formalmente dei criteri diagnostici. Pertanto la sintomatologia appena citata è parziale e non ha carattere scientifico.

Hikikomori e dipendenza digitale: facciamo un po’ di chiarezza

Molto spesso dipendenza da internet e hikikomori sono termini che vengono confusi e considerati, erroneamente, come sinonimi e facce di una stessa medaglia.

In realtà, c’è una differenza sostanziale tra i due fenomeni appena citati, ed è importante parlarne per non incappare in inutili errori.

Innanzitutto, il fenomeno dei giovani hikikomori iniziò a diventare popolare verso la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta dello scorso secolo, periodo in cui non si parlava ancora di rivoluzione digitale.

Già questo fatto è la conferma che le due cose non sono collegate tra loro. Detto ciò, esiste comunque un legame che le unisce, così che i due fenomeni tendono a sovrapporsi vicendevolmente.

Infatti, l’uso smodato della rete da parte di un hikikomori non è la causa del suo isolamento ma una piuttosto una sua conseguenza diretta.

Un forte malessere spinge il giovane a rinchiudersi nella sua stanza, senza nessun tipo di collegamento con l’esterno. L’unico spiraglio che lo ricongiunge alla vita reale è proprio la rete, in cui vi si rifugia, come una medicina alle sue sofferenze.

Al contrario, se è l’uso eccessivo del digitale a spingere i ragazzi ad isolarsi da tutto e da tutti, non si parlerà più di hikikomori ma di dipendenza digitale.

Oltretutto, l’abuso della rete non è un fenomeno che si manifesta in tutti gli hikikomori. Molti decidono di autoescludersi totalmente dalla società, precludendosi anche l’utilizzo di Internet come unico ponte con l’esterno.

L’hikikomori, infatti, tende ad allontanarsi da tutte quelle dinamiche e quelle pressioni che contraddistinguono la realtà. Social media, videogiochi online e forum rappresentano quella società, seppur in maniera edulcorata, dalla quale vogliono sfuggire a tutti i costi.

Perciò, è sbagliato vedere il mondo digital come la causa di tutti i mali, così come è sbagliato pensare di poter togliere del tutto questo unico mezzo di comunicazione ai giovani che decidono di auto isolarsi.

Il mondo delle chat e dei forum online infatti, è l’unico ponte con la realtà, unico modo per comunicare con l’esterno.

È quindi importante non privare i giovani di questo potente mezzo di comunicazione, ma piuttosto insegnare loro come usarlo in modo più consapevole e minimizzarne gli effetti negativi.

Il legame con la cultura giapponese

Come abbiamo già accennato in precedenza, il fenomeno degli hikikomori pose le prime radici in Giappone, verso la fine degli anni Settanta, per poi espandersi in tutto il mondo.

Ma il legame con la cultura giapponese è molto forte, in quanto sussistono alcuni aspetti e pressioni sociali tipiche dell’ambiente culturale nipponico.

Tuttavia, tutti questi fattori che porterebbero i giovani all’autoisolamento e ad essere definiti appunto hikikomori sono prevalenti in molte società, non solo in quella giapponese.

Vediamo subito alcuni di questi elementi:

Il rapporto con la famiglia

Spesso si ricerca la causa di una diagnosi hikikomori all’interno del contesto familiare.

All’interno della famiglia giapponese non è cosa rara che il padre non sia particolarmente presente all’interno del contesto domestico.

La figura maschile si occupa del sostentamento economico della famiglia, ponendo in secondo piano le relazioni interpersonali con i propri figli, di cui si occupa maggiormente la figura femminile.

Poco spazio per le emozioni ed i sentimentalismi ma non manca un’educazione molto severa, incentrata sul raggiungimento di obiettivi precisi. L’uomo di casa viene percepito come una figura forte e spavalda, portatrice di solidi valori che il figlio ha il compito di assimilare.

Qual ora ciò non avvenga, il giovane viene visto come un fallimento e viene sminuito, sia all’interno del contesto familiare che, di conseguenza, dalla stessa società.

La madre, invece, è estremamente presente all’interno delle relazioni familiari ed è colei che ha il compito di accudire e far crescere il proprio figlio.

La figura femminile è onnipresente e ciò, molto spesso, sfocia in un attaccamento morboso tra le due figure. Il figlio dipende in tutto e per tutto da sua madre, che lo appoggia in ogni sua scelta con un atteggiamento spesso accomodante.

A causa delle forti pressioni sociali, provenienti soprattutto dalla figura del padre, i giovani cadono in uno stato depressivo ed entrano in questa sorta di letargo, per cui vengono poi definiti hikikomori.

Talvolta questo atteggiamento viene assecondato dalla madre, che per non contraddirli preferisce non agire.

La competitività scolastica

Una delle cause scatenanti di questo fenomeno, che porta i giovani all’autoesclusione dalla società, è la forte competitività insita nella società giapponese, che sottopone i ragazzi ad uno stress costante e ad una continua corsa alla perfezione.

Infatti, i giapponesi vengono educati fin da piccoli all’autorealizzazione personale e al perseguimento del successo, e tutto ciò provoca in alcuni di loro una forte pressione.

Già dalle scuole medie, sia i genitori che, di conseguenza, i loro figli puntano a una carriera scolastica eccellente, con ottimi voti e senza nessun margine di errore.

La vita viene vista come un percorso lineare e molto omologante, per cui si punta molto in alto: studiare nelle università migliori e lavorare in grandi aziende prestigiose sono considerati gli obiettivi principali della vita di un giovane giapponese.

Tutto ciò che è diverso da questo modello non è contemplato. Infatti, un giovane che decide di prendere una strada diversa o non persegue un obiettivo specifico nella propria vita, è visto dalla società come un fallimento.

Il ragazzo tenderà perciò ad assimilare la visione che gli altri hanno di lui, precipitando in un loop senza fine di giudizi negativi e pressioni sociali.

Dunque, spesso i giovani diventano hikikomori per evitare di conformarsi a tale società, isolandosi dall’ambiente circostante ed evitando il giudizio altrui.

Molti giovani giapponesi ritengono che l’isolamento sia un modo per affermare il proprio io rispetto ad una società così opprimente ed omologante, la quale soffoca ogni spiraglio di diversità rispetto alla massa.

Il fenomeno del bullismo

A volte il motivo dell’isolamento è dovuto al fenomeno del bullismo, che porta gli stessi adolescenti a mettersi gli uni contro gli altri tramite forme di molestie e abusi.

I ragazzi iniziano così a sviluppare forme di ansia sociale, che prendono il sopravvento e fanno piombare il giovane in uno stato di isolamento sociale. Si parla dunque di hikikomori.

Per sfuggire alla realtà che li circonda, essi decidono volontariamente di scappare e rinchiudersi nelle proprie stanze, luoghi in cui si sentono più al sicuro.

L’autoisolamento diventa così anche un modo per esprimere il proprio dissenso rispetto a questo tipo di società, di cui non si sentono più parte.

Gli hikikomori riguardano ognuno di noi

Siamo arrivati alla fine di questo articolo, per cui è necessario fare una precisazione riguardo all’argomento hikikomori. Quando parliamo di hikikomori non parliamo solo di un problema che affligge il singolo individuo, ma di un fatto che ci riguarda tutti.

Molti di noi vivono situazioni di disagio psicologico, molto spesso dovute alle forti pressioni sociali.

Per questo motivo il tema degli hikikomori diventa più ampio, andando ad abbracciare tutte quelle problematiche che in diversa misura affiggono molti giovani di oggi.

Durante un TEDx Marco Crepaldi, psicologo e presidente fondatore dell’associazione Hikikomori Italia, parla di come questo tema ci riguardi tutti, in quanto ci dobbiamo sentire chiamati in causa nell’aiutare chi lotta ogni giorno con questo problema.

Infatti, nel proprio piccolo ognuno di noi è responsabile della società in cui viviamo, motivo per cui è importante cercare di renderla un posto migliore, meno pressante e competitivo.

E tu conoscevi il fenomeno degli hikikomori? Facci sapere cosa ne pensi sui nostri social! Se invece sei bloccato con la tua testi e ti serve qualche spunto visita subito il nostro blog e scopri l’argomento di tesi adatto a te!

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About the Author: Giorgia, Blog Ambassador

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