Come il digital storytelling ha cambiato la maniera di raccontare storie
Ciao a tutti e a tutte e benvenuti nel nuovo articolo del blog di thesis 4u!
Oggi vi parleremo del digital storytelling, in italiano narrazione digitale, ovvero una moderna forma narrativa in cui il racconto si lega ai dispositivi tecnologici, i quali fungono da supporto alla realizzazione di storie multimediali.
Se andate a cercare sul dizionario la definizione di storytelling troverete come significato principale l’arte dell’affabulazione, un’operazione di persuasione nei confronti del lettore o spettatore. Notate anche voi una certa sfumatura negativa?
Con questo articolo cercheremo di fornirvi le motivazioni necessarie per stabilire che il digital storytelling contribuisce a fornire una visione tutta nuova dell’universo narrativo, che tiene conto degli apporti di diverse discipline.
L’evoluzione della narrazione: dai racconti orali al digital storytelling
Facciamo un passo indietro e vediamo assieme come la narrazione si è evoluta con il passare del tempo.
Iniziamo con il dire che l’arte di narrare è sempre esistita, anche quando non erano ancora nati adeguati mezzi di comunicazione come la scrittura o, addirittura, il linguaggio verbale. Questo perché è insito nell’essere umano il bisogno di raccontare storie, per potersi esprimere e comunicare con l’Altro.
Infatti, raccontare storie non è solo un’attività ludica e di puro intrattenimento ma possiede innumerevoli funzioni, come per esempio:
- educativa, per cui tramite il racconto di favole e fiabe si veicolavano valori da trasmettere di generazione in generazione;
- identitaria, per costruire l’identità del singolo e della comunità;
- di spiegazione del mondo e degli eventi naturali che accadono, inspiegabilmente, intorno a noi.
La narrazione è in ogni dove. Partendo dalle incisioni rupestri presenti all’interno delle grotte, passando per i cantori dei poemi greci fino ad arrivare alle fiabe, inizialmente i racconti venivano narrati in un contesto prettamente orale.
Ma nel 1450 abbiamo un punto di svolta: viene scoperta la stampa a caratteri mobili e nascono così giornali e riviste, che cambiano il modo di divulgare conoscenza. La comunicazione, in questo caso, circolava per lo più attraverso il mezzo scritto.
Con il tempo si aggiunsero la radio, la televisione ed il cinematografo, quelli che conosciamo per essere considerati i primi mezzi di comunicazione di massa.
La comunicazione cambia ancora una volta i suoi connotati e diventa multimediale: immagini, audio e video danno vita ad un artefatto narrativo coinvolgente ed innovativo.
Grazie all’avvento dei mezzi di comunicazione di massa, gli spettatori diventavano, in qualche modo, partecipi delle narrazioni stesse.
Questo avvenne soprattutto grazie all’avvento della televisione, che portava sullo schermo storie di persone comuni.
I personaggi della tv diventano parte della quotidianità della gente, come se fossero componenti della famiglia e venissero a bussare alla porta nel momento in cui viene accesa la tv. Il telespettatore viene assorbito da ciò che sta guardando, viene trasportato in un altro mondo, anche se, in realtà, è comodamente seduto sul divano di casa.
Tuttavia, il pubblico dei mezzi di comunicazione di massa era ancora un pubblico passivo in quanto non aveva la possibilità di partecipare attivamente alla creazione delle narrazioni stesse.
Sarà solo con l’avvento di Internet che la narrazione diventerà democratica, dando l’opportunità agli utenti che popolano il web di poter creare il proprio digital storytelling, condividendolo con un pubblico immenso.
La comunicazione passa dall’essere di tipo one-to-many, in cui è solo una persona o un gruppo prescelto ad avere l’autorevolezza di creare contenuti fruibili poi da una massa, ad una di tipo many-to-many, ovvero molti verso molti, in cui è la massa stessa a scrivere le proprie narrazioni.
Un esempio sono i social media, ovvero piattaforme in cui un gruppo eterogeneo di persone ha la possibilità di comunicare e di condividere dei contenuti creati da loro stessi.
Pensiamo, per esempio, ad Instagram, uno dei social attualmente più in voga ed utilizzati. Postiamo foto, carichiamo storie, condividiamo contenuti di altri. Utilizziamo questo social come se fosse il nostro diario, che in questo caso non è per niente segreto. Cosa stiamo facendo? Stiamo semplicemente costruendo la nostra storia in un modo non convenzionale, totalmente nuovo ed innovativo.
Digital storytelling: cos’è e l’esempio di Starbucks
È in questo contesto che nasce il moderno concetto di digital storytelling. Queste nuove forme di narrazione sono un’ottima strategia per rendere la narrazione più democratica ed interattiva.
Infatti, tramite la pratica del digital storytelling si cerca di dare un senso al mondo, costruendo storie di vita personale, oggetti o brand, che possano arrivare al pubblico, evocando emozioni e provocando il loro coinvolgimento all’interno della storia stessa.
Vediamo subito un esempio concreto di tali pratiche. La nota catena di caffè americana Starbucks ha introdotto nelle proprie strategie di marketing proprio il digital storytelling.
Infatti, giocando sul fatto che all’interno delle loro caffetterie nascessero, molto spesso, nuovi amori e nuove amicizie, decisero di introdurre sul loro sito uno spazio in cui le persone potevano raccontare come le loro storie d’amore erano nate all’interno degli spazi della nota caffetteria internazionale.
Il pubblico apprezzò molto questa iniziativa tanto che arrivarono tantissimi racconti! Tutti avevano voglia di raccontarsi e far conoscere la propria storia ad un grande pubblico.
Traducendo semplici esperienze di vita in narrazione, Starbucks non veniva inteso solo come un brand ma anche come portatore di valori, in cui tutti potevano rispecchiarsi.
Il Center for Digital Storytelling, un aiuto per le proprie storie digitali
Siamo tutti potenzialmente degli autori digitali; anche io che scrivo questo articolo dalla mia cameretta ho l’opportunità di raccontarvi una storia, nonostante non abbia l’”autorevolezza” di farlo.
Ma per realizzare delle narrazioni digitali di qualità bisogna comunque avere alcuni accorgimenti e seguire delle linee guida. Vediamo assieme di cosa si tratta.
Partendo da ciò che abbiamo appena affermato, nacque nel 1998 il Center for Digital Storytelling (CDS) per opera di due personaggi cardine, ovvero Joe Lambert e Dana Atchley, artisti ed imprenditori digitali.
I due capirono come anche persone con poca esperienza nel mondo delle nuove tecnologie avrebbero potuto avere la possibilità di creare dei digital storytelling, e quindi di diventare degli autori di contenuti narrativi. Infatti, obiettivo principale del Centro è quello di supportare persone comuni nella realizzazione delle proprie storie personali e digitali.
La tipologia specifica di digital storytelling che viene portata avanti dal CDS è il cosiddetto visual storytelling, ovvero una particolare forma di narrazione che utilizza principalmente video ed immagini per trasmettere una storia.
Il visual storytelling permette una maggiore presa sul fattore emozionale in quanto la storia può essere direttamente visualizzata dal pubblico, diventando così tangibile agli occhi di chi non la conosce, scatenando forti emozioni.
Joe Lambert scrisse un libro dal titolo Digital Storytelling: Capturing Lives, Creating Community, una sorta di guida per la creazione di racconti multimediali. Proprio tra le pagine di questo libro fornisce una lista di sette elementi chiave utili per la costruzione di una storia digitale efficace.
Vediamo alcuni esempi di questi utili consigli che ci fornisce Lambert: la scelta di una buona storia, la realizzazione di uno storyboard (per comprendere meglio le scene che si vogliono raccontare), la scelta di una buona colonna sonora, l’utilizzo parsimonioso di programmi di editing video e, soprattutto, la condivisione della propria storia.
Infatti, uno degli obiettivi fondamentali dello storytelling è quello di condividere la propria storia con una comunità, in quanto l’arte del narrare ha un grosso potere aggregante, capace di creare ex novo delle piccole o grandi comunità.
Digital storytelling ed educazione: come imparare meglio con l’aiuto delle storie
Come potrete dedurre da quello che abbiamo fin qui detto, il digital storytelling è quasi difficile da definire in maniera univoca in quanto ha innumerevoli campi di applicazione: si spazia dal grande universo del marketing a quello della politica, dalla didattica al mondo culturale, dal cinema fino al gaming.
Elencare tutti gli ambiti in cui viene utilizzata la strategia del digital storytelling è molto difficile, se non quasi impossibile! Ma l’obiettivo è sempre lo stesso: raccontarsi e raccontare gli altri per arrivare al cuore delle persone, per emozionarle e provocare in loro una reazione e un’azione.
Dato che è un concetto difficile da chiarire con le definizioni vediamo subito qualche esempio di diverse applicazioni del digital storytelling.
Abbiamo citato prima il campo educativo. Pensiamo a come vengono affrontati, con il metodo tradizionale, gli argomenti di studio in classe da parte degli insegnanti.
Le lezioni sono per lo più frontali: l’insegnante spiega e gli alunni, in silenzio, prendono gli appunti. In questo caso gli studenti hanno un ruolo prettamente passivo e non intervengono in nessun modo alla creazione della narrazione, che viene effettuata esclusivamente dall’insegnante.
Ma grazie all’introduzione delle strategie di digital storytelling in campo didattico ed educativo, gli alunni diventano i protagonisti dello stesso processo di apprendimento, che diventa perciò attivo.
Tramite un percorso creativo gli studenti creano narrazioni che facilitano l’apprendimento e permettono di comprendere gli argomenti in maniera più semplice ed intuitiva.
Per questo motivo molti insegnanti, soprattutto delle scuole primarie, hanno iniziato ad utilizzare Scratch, un semplice software di programmazione realizzato dal MIT Media Lab e pensato, appunto, per i più piccoli.
Questo programma si basa sul linguaggio di programmazione, il quale viene utilizzato per la creazione della sceneggiatura del proprio digital storytelling.
Le porzioni di codice sono inserite all’interno di blocchi colorati aventi una forma particolare, come se fossero le tessere di un puzzle, che devono essere incastrati secondo un certo criterio per andare a formare delle istruzioni logiche in grado di far animare la storia stessa.
Tramite Scratch è stato constatato come i bambini imparino meglio, sprigionando la loro creatività e acquisendo un nuovo modo di ragionare. La tecnologia si lega così alla narrativa e all’arte, permettendo agli alunni di creare storie animate, interattive e condivisibili.
Digital storytelling e cultura: storie multimediali all’interno dei musei
Vediamo ora un ulteriore esempio, in un campo totalmente diverso dal precedente, ovvero quello culturale, più precisamente parliamo delle istituzioni museali.
Immaginiamo di entrare all’interno di un museo. Molto spesso le opere contenute al suo interno vengono considerate più come oggetti statici che come pezzi di storia, che portano al loro interno una narrazione vera e propria.
In questo caso, l’utilizzo del digital storytelling all’interno delle strategie museali è utile per riconsiderare il patrimonio culturale tramite una visione narratologica.
Il linguaggio del digitale diventa uno strumento molto utile per dialogare con il pubblico, costruendo così un ponte tra essi e l’istituzione museale, molto spesso troppo ancorata ad una visione tradizionale delle proprie collezioni.
Un esempio molto interessante ce lo fornisce il MANN di Napoli, ovvero il primo museo italiano a realizzare un videogioco, chiamato Father and Son, realizzato da TuoMuseo, un collettivo di artisti e game designer che ha come obiettivo principale la creazione di un collegamento tra arte e videogiochi.
Esso è l’esempio perfetto di una maniera innovativa di fare storytelling da parte di un museo, in quanto ha l’opportunità di raccontarsi tramite un videogioco controllato dagli utenti stessi.
Quando si dice imparare divertendosi!
Father and Son è un esperimento perfettamente riuscito di un nuovo modo, per i musei, di dialogare con i propri pubblici, utilizzando il digitale per creare delle narrazioni che facciano sentire il visitatore il vero protagonista della storia, parte integrante delle memorie contenute all’interno del museo, che sono appunto delle memorie collettive.
E tu cosa ne pensi del nuovo ruolo che sta ricoprendo la narrazione grazie al mondo del digital? Sei favorevole alla sua totale democratizzazione? Facci sapere cosa ne pensi sui nostri social!
Author: Giorgia, Blog Ambassador di thesis 4u
Cosa hai imparato?