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Conciliare vita privata e lavoro può diventare difficile. Vediamo assieme alcune iniziative intraprese da alcuni stati per raggiungere un buon livello di work-life balance!

Ciao! Benvenuti/e in nuovo articolo del blog di Thesis 4u!

Nell’articolo di oggi vi parleremo della work-life balance, ovvero l’equilibrio tra vita privata e lavoro.

Parliamo, quindi, della capacità di saper far convivere, nella maniera più armoniosa possibile, vita lavorativa e vita privata, in modo tale che ci sia un confine netto tra le due e che il proprio lavoro non vada a sovrastare il proprio spazio privato.

Infatti, oltre il lavoro ci sono molti aspetti essenziali nella vita delle persone, come salute, istruzione, tempo libero, amicizia e famiglia, che devono essere coltivati e mai messi da parte.

Per fare ciò, ci devono essere le condizioni essenziali per poter far convivere in maniera equilibrata le due cose. Perciò si parla tanto di work-life balance e del suo impatto nella vita di uomini e donne.

Il confine tra vita privata e lavorativa è molto labile, soprattutto nell’ultimo periodo per vita dell’utilizzo delle nuove tecnologie e quindi l’avvento dello smart-working, ovvero il lavoro agile che permette di lavorare in maniera flessibile da casa o da qualsiasi luogo che non sia l’ufficio.

Soprattutto dopo le fasi più acute della pandemia da Covid-19, molte aziende hanno scelto di ricorrere a questo metodo innovativo, che permette di non muoversi dalla propria abitazione e poter svolgere, ugualmente, il proprio lavoro.

Se durante la fase pandemica il lavoro agile era utile più per motivi sanitari, l’utilizzo dello smart-working non ha cessato di esistere anche nelle fasi successive.

Questo perché si sono colti i suoi aspetti positivi generali, che permettono a molti lavoratori di poter svolgere il proprio lavoro senza dover, obbligatoriamente, spostarsi verso l’ufficio.

Pensiamo, per esempio, ad una situazione in cui si trova lavoro in una città, regione o addirittura stato diverso da quello attuale, e ci si sente obbligati a spostarsi e cambiare in modo repentino la propria vita. Oppure il caso della maternità, per cui lo smart-working potrebbe essere un’ottima soluzione per conciliare lavoro e vita privata, soprattutto nelle prime fasi di crescita del bambino.

In questo articolo analizzeremo i motivi per cui il work-life balance è così importante e vi parleremo di alcuni casi studio provenienti da tutto il mondo, i quali dimostrano un reale impegno verso questo concetto.

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L’importanza del work-life balance

Secondo una recente indagine condotta da Randstad sull’employer branding, il 65% dei lavoratori italiani ritiene che il work-life balance sia uno degli aspetti prioritari nella ricerca di un nuovo lavoro. Tale percentuale è anche superiore rispetto alla media europea, che si allinea intorno al 61%.

L’indagine ha evidenziato anche come il work-life balance sia uno degli aspetti poco comunicati dalle aziende, che tendono più a sottolineare altri vantaggi come l’aspetto finanziario e la reputazione aziendale.

Inoltre, è stato evidenziato il gap tra uomini e donne, queste ultime molto più interessate all’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata.

Mantenere questo equilibrio è importante soprattutto dal punto di vista salutare. Infatti, secondo alcuni studi scientifici un sovraccarico di lavoro porterebbe a gravi problemi di salute, come ictus ed infarti.

Inoltre, non staccare dal lavoro peggiorerebbe anche alcuni problemi legati all’ansia come difficoltà legate all’insonnia e livelli di stress molto alti che possono portare a burnout ed irritabilità.

OCSE Better Life Index: l’Italia prima per work-life balance

L’OCSE, ovvero l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, è un’organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri che hanno in comune forme di governo democratiche ed un’economia di mercato.

Tale organizzazione ha indetto nel maggio 2011 l’OCSE Better Life Index, ovvero un indicatore economico in grado di cogliere il progresso economico e sociale in maniera più approfondita, analizzandone tutte le sue dimensioni.

L’iniziativa nasce con l’obiettivo di fornire dati più approfonditi sul benessere di ogni paese membro, prospettiva che altre statistiche macroeconomiche come il PIL non erano in grado di fornire.

La piattaforma in questione è composta da un cruscotto, dove vengono visualizzati i dati per ogni paese riguardo alcuni indicatori chiave, e da uno strumento interattivo denominato Your Better Life Index, in cui ogni utente può creare i propri indici classificando i vari indicatori a seconda dell’importanza che gli viene data.

Tra i vai indicatori, tra cui troviamo Sicurezza, Relazioni Sociali, Istruzione e Ambiente, troviamo quello relativo al work-life balance, in cui l’Italia primeggia trovandosi proprio al primo posto!

Tra i vari dati analizzati per stilare tale classifica, i principali sono state le ore di lavoro e quelle dedicate al proprio tempo libero.

OCSE work-life balance

Il caso italiano

Per quanto riguarda il work-life balance, l’Italia si posiziona al primo posto nella classifica generale aggiornata al 2020, superando addirittura la Danimarca!

Un’aspetto importante nella valutazione della classifica “work-life balance” è la quantità di tempo trascorsa sul posto di lavoro.

In Italia, solo il 3% dei lavoratori retribuiti ha orari di lavoro molto lunghi, che secondo l’OCSE sono quelli che vanno oltre le 50 ore settimanale. Questo dato è una percentuale nettamente inferiore rispetto alla media degli altri paesi, pari circa al 10%.

Inoltre, si stima che gli italiani dedichino circa il 69% della giornata (circa 16,5 ore) al tempo libero e al proprio benessere personale (dormire, mangiare ecc.), aspetto molto importante per la salute sia fisica che mentale. Questo dato è superiore alla media OCSE, pari invece a circa 15 ore giornaliere.

Per garantire il work-life balance, il Ministero italiano dell’Economia e delle Finanze ha istituito un progetto dedicato ai figli dei propri dipendenti, di età compresa tra i 4 ed i 12 anni. Parliamo di servizi gratuiti per l’assistenza all’infanzia, dove i bambini vengono assistititi ed intrattenuti da personale qualificato.

Questo è uno dei progetti che punta a migliorare il work-life balance, ponendo così i genitori-lavoratori nelle condizioni di poter frequentare maggiormente il posto di lavoro.

italia work-life balance

Gli ultimi classificati: il caso messicano

L’ultimo classificato per quando riguarda l’indicatore work-life balance è il Messico.

In Messico, infatti, circa il 27% dei lavoratori ha orari di lavoro che superano il massimo delle 50 ore settimanali, la percentuale più alta rilevata dall’OCSE!

Le ore dedicate al tempo libero sono circa 13.5, molto poche rispetto alla media dei paesi membri che si colloca a circa 15 ore giornaliere.

Tra l’altro, in Messico sarebbe necessario un maggior supporto alle famiglie con figli, per cercare di colmare questo dislivello tra vita privata e lavoro.

Infatti, il sostegno alle prestazioni e ai servizi familiari è fondamentale per mobilitare l’occupazione femminile, ridurre i rischi di povertà, promuovere lo sviluppo dei bambini e aiutare i lavoratori a conciliare vita privata e lavoro.

L’esperimento islandese: riduzione della giornata lavorativa a 4 giorni

Nell’ultimo periodo avrete sicuramente sentito parlare di parecchie nazioni, come Spagna e Nuova Zelanda, le quali iniziano a testare la settimana lavorativa ridotta a 4 giorni. Ma non è una novità.

Infatti, ponendo al centro il tema del work-life balance, si cerca di arrivare ad un compromesso con questi tre fattori: produttività, orario lavorativo e tempo libero.

In passato, già altri paesi hanno sperimentato questa nuova modalità di lavoro, che prevede la riduzione della settimana lavorativa da 5 a 4 giorni, mantenendo lo stipendio invariato.

L’obiettivo è quello di testare se i livelli di produttività rimangono invariati o se addirittura potrebbero migliorare.

Una delle prime nazioni europee a compiere questo esperimento fu l’Islanda, che dal 2015 al 2019 avviò un programma di sperimentazioni riguardo la riduzione della settimana lavorativa, riducendo l’orario settimanale ad un totale di circa 35 o 36 ore.

Le prime sperimentazioni si svolsero a Reykjavík e coinvolsero più di 2500 dipendenti ovvero circa l’1% dei lavoratori islandesi. Tale campione apparteneva a diversi luoghi di lavoro facenti parte del settore pubblico come scuole, uffici e fornitori di servizi sociali.

L’esperimento ha avuto un successo strepitoso, registrando in alcuni casi anche un aumento della produttività. Per questo motivo, circa l’86% dei lavoratori, grazie alle rinegoziazioni dei sindacati, ha deciso di passare definitivamente alla settimana lavorativa ridotta, per meglio conciliare lavoro e vita privata.

Le persone hanno dichiarato di sentirsi molto meno stressate e di avere molto più tempo da dedicare a nuovi hobby, amici e famiglia.

Seguendo la scia di questo caso virtuoso, molti paesi come la Nuova Zelanda e la Spagna stanno provando ad implementare anche nel settore privato la settimana corta.

Infatti, in Nuova Zelanda la famosa azienda Unilever ha dato la possibilità al proprio personale di ridurre l’orario lavorativo di circa il 20%, mantenendo intatta la stessa retribuzione.

work-life balance

Il caso asiatico: morire per eccesso di lavoro

In Giappone esiste una semplice parola che riassume al suo interno un aspetto inquietante e altrettanto triste. Parliamo del termine karoshi, che letteralmente significa “morire per eccesso di lavoro“.

Solo nel 2019 ci sono stati 174 morti per eccesso di lavoro, 88 delle quali sono suicidi. Ma cosa vuol dire morire per il troppo lavoro?

Il termine karoshi sta ad indicare le morti per infarto, ictus, emorragia cerebrale ed altri malori causati da orari di lavoro massacranti, che vanno ben oltre quelli consentiti dalla legge.

Nel 2013 la giovanissima reporter Miwa Sado, di appena trent’anni, morì improvvisamente di infarto, dopo aver svolto in un unico mese ben 159 ore di straordinari!

Il suo caso, come quello di tanti altri lavoratori giapponesi, ha acceso i riflettori su questo preoccupante fenomeno, in cui il work-life balance non è semplicemente contemplato.

Tutto ciò è dovuto alla rigidità della cultura lavorativa giapponese, affetta da un eccessivo stakanovismo e da una dedizione estrema agli straordinari, eccedendo quindi dal consueto orario lavorativo.

Il fenomeno si è esteso anche in Cina, in cui prende il nome di guolaosi o guolaozisi (il suicidio causato da eccessivo stress lavorativo). A portare a galla questo fenomeno è stato il fatto che in meno di cinque anni circa 17 persone si sono suicidate all’azienda FoxConn di Wuhan per l’eccesso di lavoro ed i salari troppo bassi.

Secondo L’OCSE uno dei motivi per il quale in Giappone si lavora di più rispetto ad altri paesi non è tanto il numero di ore al giorno ma quanto la quasi assenza di giorni festivi durante il corso dell’anno, con un livello di flessibilità aziendale nettamente più basso rispetto ad altre nazioni.

Molto spesso non sono i lavoratori a decidere di lavorare più del dovuto. Secondo una ricerca condotta a Pechino da Yang Heqing, preside della School of Labor Economics, sono proprio i dipendenti stessi, circa il 60% nella capitale giapponese, a lamentarsi degli orari di lavoro estenuanti, che vanno oltre il monte orario normale imposto dalla legge.

Ma la buona notizia è che le cose pian piano stanno migliorando. Grazie soprattutto allo sdegno dell’opinione pubblica, la piattaforma OpenWork ha registrato tra i mesi di gennaio e marzo 2022 dei progressi da parte delle aziende giapponesi, così che la soddisfazione dei lavoratori nipponici è aumentata.

Tutto ciò anche grazie alle nuove generazioni, che si vogliono discostare dalla rigida cultura giapponese e avvicinarsi maggiormente a modalità di lavoro più flessibili, in cui il work-life balance fa da padrone.

Un esempio di un passo in avanti verso il work-life balance è l’esempio di Microsoft Japan, la quale ha testato un programma di orario lavorativo ridotto chiamato “Work-Life Choice Challenge 2019 Summer”.

Circa 2.300 dipendenti hanno avuto l’opportunità di scegliere orari più flessibili, potendo conciliare meglio lavoro e vita privata.

Il risultato è stato un aumento della produttività, pari a circa il 40%, ed un aumento della felicità sul posto di lavoro, aspetto che spesso viene sottovalutato ma molto importante per creare un ambiente lavorativo sano e produttivo.

Work-life balance ai tempi dello smart working

Il 2020 ha portato parecchi cambiamenti all’interno delle nostre vite, anche dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro.

Infatti, è proprio durante il periodo del lockdown che un po’ in tutto il mondo è stata sperimentata una nuova frontiera del lavoro: stiamo parlando dello smart working.

Prima di allora, infatti, era una forma lavorativa poco conosciuta, se pensiamo che in Italia lo praticava solo l’0.8% dei lavoratori.

Esso viene definito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali come “una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato introdotta al fine di incrementare la competitività e di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.”

Lo smart working dovrebbe quindi andare ad agevolare il work-life balance; ma vediamo insieme se è davvero così.

Lo smart working porta con sé diversi vantaggi, come la riduzione del pendolarismo e la conseguente diminuzione dell’inquinamento.

Inoltre, pone l’accento sulla flessibilità: le persone hanno ora l’opportunità di lavorare da qualsiasi luogo grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici, i quali permettono di lavorare da remoto.

Ma allo stesso tempo, a differenza di quanto afferma la definizione governativa, rompe i confini tra lavoro e vita privata. La nostra casa diventa il nostro ufficio e perciò è spesso difficile mantenere livelli adeguati di work-life balance.

Si sono registrate eccessive dilatazioni dei tempi di lavoro, con un attaccamento morboso da parte dei lavoratori ai propri smartphone. Parliamo di ciò che il Parlamento europeo ha definito come la cultura del rimanere sempre connessi.

Infatti, contrariamente a quanto si potesse immaginare, molti lavoratori si sono ritrovati a lavorare molto di più rispetto a quanto già facessero in ufficio. Un paradosso che rischia di far perdere di vista il work-life balance e di andare in bornout!

Nonostante ciò, lo smart working grazie alla sua flessibilità rimane uno strumento davvero utile per i lavoratori di nuova generazione, i quali scelgono sempre di più aziende che sappiano offrire ottimi livelli di work-life balance.

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E tu conoscevi il tema del work-life balance? Raccontaci sui nostri social la tua esperienza di come riesci a coniugare lavoro e vita privata!

About the author: Giorgia, Blog Ambassador

Fonti:

https://www.randstad.it/candidato/career-lab/news-lavoro/guida-su-come-raggiungere-lequilibrio-tra-vita-privata-e-lavoro-concretamente/

https://guidable.co/work/work-life-balance-and-overtime-in-japan/

https://www.tpi.it/esteri/giappone-morti-anno-superlavoro-suicidi-20210708804784/

https://www.bbc.com/news/business-57724779

https://forbes.it/2022/02/17/anche-il-belgio-offre-il-diritto-alla-settimana-lavorativa-corta-da-4-giorni/#:~:text=lavorative%20%E2%80%9Ctroncate%E2%80%9D.-,Spagna,tagliare%20i%20compensi%20dei%20lavoratori.