Ciao a tutti e a tutte bentornati in un nuovo articolo del blog di Thesis 4u, la startup innovativa che mette in collegamento gli studenti e le studentesse con le aziende, grazie alle tesi di laurea in azienda.
Come saprai, noi di Thesis 4u crediamo molto nelle tesi di laurea, e crediamo sia anche molto importante condividere quelle più interessanti e innovative, dando la possibilità a te che leggi questo articolo di prendere spunto o di informarti su qualcosa che non sapevi.
Anche tu puoi candidare la tua tesi di laurea ad essere pubblicata sul nostro blog! Per farlo ti basta compilare questo form, rispondere alle domande e darci qualche dettaglio sulla tua tesi. Ogni mese scegliamo una tesi “vincitrice” che poi pubblichiamo.
Oggi ti raccontiamo della tesi innovativa di Viviana, una studentessa di Ingegneria Biomedica, che insieme al suo team ha lavorato per implementare e verificare l’usabilità di una penna tecnologica con una funzione molto particolare…
Scopriamo allora la tesi di Viviana!
Puoi anche leggerla integralmente qui!

Prima di proseguire nella lettura della tesi di Viviana, ricordati di Thesis 4u Journal. Puoi inviarci la tua tesi di laurea, compilando un form. Se la troviamo interessante, la pubblichiamo in un articolo!
Oggi, infatti, vi presentiamo una tesi innovativa, nata dall’obiettivo di individuare la disgrafia nei bambini grazie alla progettazione di una penna speciale!
Il gesto di scrivere è una delle prime magie che impariamo quando siamo bambini. Un foglio bianco, una penna, e un universo di parole che prende forma, lettera dopo lettera. Per molti, è un processo naturale, quasi istintivo. Per altri, invece, è una montagna da scalare ogni giorno, capace di creare frustrazioni silenziose e un senso di inadeguatezza difficile da spiegare. Parliamo dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), un mondo complesso e spesso frainteso, in cui la disgrafia – la difficoltà nella componente motoria della scrittura – rappresenta una delle sfide più delicate.
Come può la tecnologia, un mondo fatto di algoritmi, sensori e dati, tendere una mano a chi vive questa difficoltà? Come può l’ingegneria, una disciplina che progetta ponti e circuiti, costruire un ponte verso una diagnosi più rapida e umana?
Per trovare una risposta, abbiamo incontrato Viviana, una giovane e brillante studentessa del Politecnico di Milano, che insieme al suo gruppo ha scritto una tesi innovativa triennale in Ingegneria Biomedica proprio su questo tema.
Il loro lavoro non è stato creare un nuovo strumento da zero, ma qualcosa di forse ancora più cruciale: testare, analizzare e validare la funzionalità di un progetto già esistente, una speciale penna sensorizzata pensata per la diagnosi della disgrafia a distanza.
Tesi innovativa per individuare la disgrafia nei bambini: la storia di Viviana
Prima di addentrarci in questo progetto innovativo, abbiamo chiesto a Viviana di raccontarci il suo percorso, la strada che l’ha portata a scegliere una facoltà così specifica. La sua risposta rivela una traiettoria comune a molti, fatta di ripensamenti e scoperte che aprono tanti quesiti sul futuro.
«Beh, mi chiamo Viviana. Attualmente sto studiando ingegneria biomedica e magistrale al Politecnico di Milano.» esordisce con semplicità. «Ma in realtà ho scelto questa facoltà dopo un percorso un po’ diverso. Al liceo ho fatto lo scientifico che offriva un percorso di biologia con indirizzo biomedico. Questo perché ero intenzionata a fare medicina all’inizio.»
Per Viviana, l’avvicinamento a quel mondo ha portato a una consapevolezza diversa: «Mi sono resa conto che il lavoro del medico in generale, non era molto affine a me; quindi ho scoperto ingegneria biomedica, ho fatto il test e mi sono iscritta al Politecnico.» Una scelta che le ha permesso di unire l’interesse per il corpo umano e la salute con un approccio più analitico e progettuale, tipico dell’ingegneria. Un connubio perfetto per chi desidera trovare soluzioni concrete a problemi medici.
Tesi innovativa per individuare la disgrafia: la sfida di cambiare prospettiva

Il suo cammino accademico l’ha poi condotta a un progetto di tesi già in corso, nato dal lavoro di altri studenti prima di lei. Non si trattava di partire da un foglio bianco, ma di raccogliere un testimone e portarlo avanti, guardandolo da una prospettiva diversa. Come ci si avvicina a un’idea non propria, facendola propria?
«La mia tesi si è basata più che altro su capire se effettivamente questa penna, che è stata sviluppata come tesi magistrale da una ragazza, fosse effettivamente utile per raggiungere una diagnosi di disgrafia a distanza.» ci spiega Viviana, mettendo subito in chiaro il focus del loro lavoro. «Quindi il mio progetto non si è concentrato tanto sulla penna, ma più su una valutazione: funziona oppure no?»
Una domanda apparentemente semplice, ma che nasconde una complessità enorme. Nel mondo della ricerca, creare un prototipo è solo il primo passo; dimostrarne l’utilità, la validità e l’affidabilità è la vera sfida. Il gruppo di Viviana, composto da quattro studenti, si è immerso in questa missione.
La scelta del progetto non è stata casuale, Viviana ha scelto appositamente il progetto di tesi da sviluppare e implementare.
Il lavoro di gruppo, soprattutto in un contesto accademico così esigente come il Politecnico, è un’esperienza formativa a 360 gradi.
Ma quali i pro e quali i contro di lavorare in gruppo su una tesi? Mettere d’accordo più teste chiaramente è più complicato. Allo stesso tempo, però, c’è il vantaggio di potersi dividere i compiti: ad esempio, un membro del progetto si è concentrato sullo studio della letteratura, un altro invece è andato sulla usabilità dell’applicazione.
In sostanza, una team scientifico in cui la divisione del lavoro e la collaborazione diventano la chiave per raggiungere un obiettivo comune, dalla scrittura alla discussione finale, affrontata tutti insieme.
Tesi innovativa sull’identificazione della disgrafia: come la tecnologia legge oltre le parole
Ma in cosa consiste, esattamente, questo progetto? E perché è così importante? Per capirlo, Viviana e il suo gruppo sono partiti da un’analisi dello stato dell’arte, ovvero l’iter diagnostico attuale per i DSA (tra cui la disgrafia).
Il team di Viviana, infatti, si è reso conto che tra i problemi c’erano le lunghe liste d’attesa per ricevere una valutazione e quindi una diagnosi: in sostanza una serie di effetti a cascata a cui va ad aggiungersi il divario geografico: per esempio, nei paesi del Terzo Mondo in cui vivono i bambini, o paesi rurali, arrivare in una clinica specifica è difficoltoso.
Offrire un modo per valutare la situazione a distanza, quindi, non è solo una comodità, ma una necessità per garantire equità e tempestività. Qui entra in gioco la tecnologia. Molti, sentendo parlare di “penna tecnologica”, potrebbero immaginare una sorta di stilo per tablet. La realtà è molto più affascinante.
È proprio una penna normale che scrive con inchiostro su carta, solo che al suo interno ha dei sensori. Si tratta di sensori di pressione, o di forza e posizione nello spazio, quindi se è più inclinata verso una direzione oppure se è tenuta in verticale può fornire dei dati. Persino l’impugnatura, un dettaglio che a un occhio non esperto potrebbe sembrare insignificante, diventa un dato prezioso, un indizio di una possibile difficoltà e quindi di disgrafia.
Il team ha analizzato i dati provenienti da due test principali:
- Il test BVSCO: Eseguito con la penna sensorizzata su carta, mirava a valutare la velocità di scrittura. La penna, come un sismografo ultrasensibile, registrava la pressione esercitata dal bambino sul foglio, la fluidità del tratto, le pause, le esitazioni.
- Il test DDE: Svolto su un tablet con pennino, si concentrava sulla correttezza ortografica. Al bambino venivano dettate parole inventate per vedere se ci fossero dei problemi, ad esempio con la GL oppure GN, con la C e la G. L’uso di non-parole è un espediente cruciale per isolare la competenza fonologica, evitando che la memoria visiva di parole già note possa mascherare la difficoltà.
Dopo aver processato i dati grezzi, il gruppo ha calcolato una serie di indicatori e li ha confrontati con il “gold standard”, ovvero la diagnosi effettuata da un clinico in presenza. I risultati sono stati illuminanti.


«Abbiamo avuto risultati significativi solo con il test BVSCO» afferma Viviana. «Come risultato finale abbiamo ottenuto che effettivamente usare una penna sensorizzata può portare alcuni vantaggi, come l’analisi del contenuto in frequenza, che può individuare pattern non visibili a occhio nudo.»
Al contrario, il test sul tablet non ha mostrato una correlazione significativa.
L’ipotesi? Probabilmente, non avendo dati temporali ma solo spaziali, non è possibile comprendere se il bambino effettivamente ha scritto troppo piano oppure velocissimo. Un limite tecnico che insegna una lezione fondamentale: nella valutazione della scrittura, il “come” e il “quanto tempo” sono tanto importanti quanto il risultato finale.
Tesi innovativa sulla disgrafia: l’importanza della diagnosi precoce della disgrafia e dell’usabilità
Una domanda sorge spontanea: perché concentrarsi su bambini così piccoli, di seconda e terza elementare, nel pieno del loro percorso di apprendimento? Non sarebbe stato più semplice lavorare con adolescenti già formati?
Viviana ci spiega che, in questo caso, l’obiettivo era proprio raggiungere una diagnosi precoce. Conoscere precocemente se un bambino è disgrafico garantisce un miglioramento delle performance scolastiche e previene la frustrazione cronica e disistima.
Si tratta di fornire gli strumenti giusti al momento giusto, un po’ come un paio di occhiali per chi non vede bene, per usare una metafora efficace menzionata da Viviana stessa.
Ma lavorare con i bambini richiede un’attenzione particolare all’aspetto ludico e motivazionale. La tecnologia può essere un’alleata o un ostacolo. Il gruppo ha quindi valutato anche l’usabilità degli strumenti.
«Abbiamo applicato una scala, un punteggio in forma di immagini, che era stata sottoposta ai bambini dicendo: ‘Questo test ti è piaciuto? L’hai trovato facile?» Il risultato è che effettivamente ai bambini era piaciuto e usare l’iPad li ha motivati.
Da qui una lezione preziosa: per essere efficace, la tecnologia non deve solo funzionare, ma deve essere anche “amichevole”, soprattutto quando l’utente finale è un bambino.

Tesi innovativa sulla diagnosi della disgrafia: un futuro tra dati e ricerca applicata
La tesi è stata un capitolo fondamentale, infatti il suo progetto si inserisce in un contesto più ampio, il progetto europeo ESSENCE, che ha permesso di sviluppare una piattaforma di teleconsulto, nata per la somministrazione di test a distanza per individuare DSA e disgrafia.
La penna, in futuro, potrebbe diventare uno strumento accessibile, magari “una per ogni scuola”, come ipotizza, per fungere da primo campanello d’allarme, un modo per capire se una visita specialistica sia davvero necessaria, sfoltendo le liste d’attesa e placando l’ansia di molte famiglie.
Il suo percorso le ha insegnato a non temere il giudizio e a concentrarsi sull’obiettivo. Alla Viviana del passato, quella che stava per iniziare la tesi, direbbe proprio questo: “Di prendere le cose come arrivano, di star serena e a non avere paura del giudizio altrui, ma di concentrarsi su come migliorare la situazione attuale.”
Il suo futuro? Lo vede fuori dall’università, nel mondo del lavoro, magari in un’azienda di ricerca dove poter continuare a “trattare i dati, analizzarli”, mettendo a frutto le competenze ingegneristiche in un campo che abbia un impatto reale sulla vita delle persone.
La storia di Viviana e della sua tesi è molto più del resoconto di un esperimento scientifico. È la dimostrazione che l’ingegneria può essere una disciplina profondamente empatica.
Che dietro ogni sensore, ogni riga di codice e ogni analisi statistica, può esserci l’intento di ascoltare, di comprendere e di aiutare. Un progetto che ci ricorda che le competenze più importanti, quelle trasversali come il lavoro di squadra, la gestione dei problemi e la resilienza, si imparano non solo sui libri, ma soprattutto affrontando le sfide, anche quelle inaspettate, che la vita accademica ci pone davanti.
E, a volte, sono proprio queste le lezioni che valgono di più.
Questa era la tesi di Viviana e del suo gruppo per individuare la disgrafia grazie ad una penna innovativa: ti è sembrata interessante? Faccelo sapere sui nostri canali social! A presto!
Autrici: Citty Mascherpa e Laura Losquadro