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Sapevi che anche i detenuti possono fare l’università e studiare dal carcere? Scoprilo insieme a noi in questo articolo!

Benvenute e benvenuti a un nuovo articolo del blog di Thesis 4u, la startup innovativa che mette in collegamento gli studenti e le studentesse con le aziende, grazie alle tesi di laurea in azienda.

In questo articolo vogliamo farti scoprire le possibilità di studiare dal carcere. Ovviamente non ci auguriamo tu ci finisca, per questo ci concentreremo soprattutto sulle attività di volontariato delle Università.

Vedremo quali sono le principali Università italiane ad entrare nelle carceri, aiutando i detenuti (da ora in poi li chiameremo studenti ristretti) a formarsi culturalmente, permettendo contemporaneamente ai più giovani di sperare in un futuro migliore, e ai più anziani di avere un nobilissimo passatempo.

Un focus principale sarà rivolto al progetto della Statale di Milano, che ha delle caratteristiche uniche in Italia, se non nel mondo, per il modo nel quale si interfaccia con le carceri del territorio.

Prima di iniziare, vogliamo ricordarti che se hai difficoltà con un esame universitario, noi di Thesis 4u offriamo un servizio di tutoring per superarlo. Fissa pure la tua prima call, che è gratuita! =)

Studiare dal carcere: quanti sono gli studenti, e perché lo fanno

Ma quanti sono gli studenti ristretti che vogliono studiare dal carcere? Nell’anno accademico 2021-2022 erano 1246 gli iscritti totali, con 1201 uomini e 45 donne.

Questa enorme sproporzione rispecchia il rapporto tra i due generi nelle carceri italiane, in quanto, come ci dice il Ministero della Giustizia, il 95% della popolazione carceraria italiana è composta da uomini.

In generale, non è un numero così basso, anzi; se consideriamo che i detenuti totali in Italia sono circa 56 mila, vuol dire che un detenuto su cinquanta decide di intraprendere un percorso universitario.

I motivi, come già anticipato, possono essere i più disparati. Per i più giovani, che hanno una pena non troppo lunga da scontare, può essere un’opportunità gigantesca per crearsi un futuro migliore.

Per i più anziani, o per chi ha molti anni da dover passare in carcere le motivazioni sono più da ricercarsi nel avere un modo di passare il tempo, di nobilitarsi, di distaccarsi magari dal contesto non felicissimo che circonda gli studenti ristretti.

Gli studenti ristretti devono anche tenere conto delle difficoltà “logistiche” dello studio. Non hanno tutte le comodità che hanno gli studenti liberi, non possono accedere a internet da qualunque posto del carcere, non hanno la possibilità di aiutarsi con colleghi del corso di laurea o simili (anche se può capitare che vi siano studenti ristretti dello stesso corso nello stesso carcere).

Insomma, gli studenti ristretti non hanno accesso a tutte le comodità a cui siamo abituati, dunque lo studio può essere una sfida maggiore rispetto a quella che può essere per uno studente libero.

Un vantaggio, se proprio così vogliamo chiamarlo, è quello di avere molto tempo per studiare dal carcere. In molte carceri vi è la possibilità di lavorare o di fare attività, ma comunque sono molti i detenuti che non hanno attività con le quali riempire la giornata. Studiare dal carcere può essere una di queste.

Infatti i dati ci dicono che solo 16 mila detenuti lavorano, sui 56 mila che citavamo prima: vuol dire che ci sono circa 40 mila detenuti che “non hanno niente da fare”, in un senso non proprio felice del termine.

studiare dal carcere: quanti sono gli studenti e perché lo fanno

Studiare dal carcere: un po’ di storia

Vediamo, oltre alle motivazioni personali, quali sono quelle giuridiche e istituzionali che permettono di studiare dal carcere. E anche come tali questioni si sono evolute.

Seppure il diritto allo studio fosse già contemplato per tutti nell’art.34 della Costituzione, lo studiare dal carcere non era ben tutelato.

Infatti, la possibilità di studiare dal carcere è stata disciplinata nel 1976, con il Regolamento di esecuzione. L’articolo 42 fu interamente dedicato allo studio universitario in carcere, stabilendo i requisiti per gli studenti ristretti, necessari all’accesso o alla prosecuzione degli studi.

Uno dei punti chiave fu quello di “agevolare” lo studio: non nel senso che è più facile studiare dal carcere, ma nel senso di creare a tutti gli effetti un servizio che garantisse la regolarità degli studi.

Quindi creare principalmente gli accordi tra penitenziari e università, permettendo a queste ultime di “entrare” nel mondo delle carceri.

Si stabiliva dunque il modo di preparare e di sostenere gli esami, permettendo per esempio, l’accesso ai professori nelle carceri, così da poter esaminare gli studenti ristretti.

Prima di questo Regolamento, l’ingresso dei professori e degli esaminatori era molto più complesso, e richiedeva questioni burocratiche più tediose. Ad esempio, bisognava per tempo indicare esattamente in quale luogo del carcere si sarebbe svolto l’incontro tra studente ristretto e professore.

Inoltre, con questo regolamento, si stabiliva che chi superasse gli esami necessari, e che pagava la retta universitaria in “disagiate condizioni economiche”, poteva vedersi rimborsata la quota che aveva pagato.

Oggi per esempio, questo aspetto è ancora più semplificato, infatti gli atenei garantiscono la gratuità per gli studenti in carcere.

Facendo un salto nel tempo, un altro regolamento importante è stato approvato nel 2000. In questo si riconoscevano ulteriori necessità per far sì che studiare dal carcere fosse possibile.

Ad esempio, son stati inseriti commi volti a garantire spazi adeguati agli studenti ristretti, la possibilità di conservare il materiale didattico in cella.

Una novità fondamentale di questo Regolamento è stata quella di evitare il trasferimento di detenuti che fossero impegnati in attività formative come istruzione o lavoro.

Nel 2018 poi è nata la CNUPP, la Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari. Questo ente si pone come coordinatore delle attività universitarie nelle carceri, cercando di allargare il fenomeno e renderlo più capillare possibile.

In pochi anni si è passati da 24 a 42 atenei coinvolti, permettendo di raggiungere sempre più istituti penitenziari, e dunque più aspiranti studenti ristretti.

Grazie alle linee guida fornite dalla CNUPP, a sempre più atenei è stato permesso di rendere concreta la possibilità di far studiare dal carcere, concretizzando un diritto che sulla carta già c’era, ma nella pratica un po’ meno.

Insomma, come si può evincere da questo breve riassunto, la legislazione in merito allo studiare dal carcere ha reso questa operazione sempre meno complessa e burocratica.

E lo vediamo oggi con le attuali iniziative universitarie nelle carceri italiane. Scopriamone alcune!

studiare dal carcere: un po' di storia

Prima di vedere come la Statale di Milano permette di studiare dal carcere, conosci GenT, il podcast di Thesis 4u? Pubblichiamo una puntata ogni mercoledì, toccando argomenti utili per ogni studente universitario! Dacci un occhio qui!

Studiare dal carcere: il progetto UniMi

Le università che permettono concretamente di studiare dal carcere sono numerose: si contano infatti, sul sito della CNUPP, ben 43 atenei aderenti, come già citato, che operano in numerose carceri italiane.

Tra gli Atenei troviamo La Sapienza di Roma, l’Università di Torino, quella di Trento, la Federico II di Napoli, e molte altre.

Ma il progetto che vogliamo farvi conoscere oggi, che è uno dei più ambiziosi e completi in Italia (se non probabilmente in Europa), è quello della Statale di Milano.

Sì perché la Statale di Milano, opera nelle carceri dal 2015, quindi da tempi molto recenti, grazie all’iniziativa di Stefano Simonetta, professore di Storia della Filosofia medievale.

Il professor Simonetta infatti, dopo essere entrato nel carcere di Bollate, per far sostenere l’esame esame ad alcuni studenti, ha proposto di creare una convenzione con il PRAP (Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria).

Il modello era quello di altre convenzioni già esistenti, ma la novità “coraggiosa” è stata quella di inserire un progetto di tutoraggio da parte degli studenti di UniMi.

Alla Statale infatti, gli studenti possono aderire a questa iniziativa, diventando tutor di studenti ristretti. lo studente può dunque recarsi nella carceri, e supportare l’attività di studio dello studente ristretto.

Le attività svolte sono varie: dall’aiuto nella preparazione degli esami, allo stilare il piano di studi, fino al reperire i materiali necessari allo studio, quali dispense, libri, appunti ecc.

Il progetto UniMi però non fa solo questo: infatti, nelle carceri nelle quali opera, si tengono anche lezioni di classi “miste” tra studenti ristretti e non, con veri e propri corsi universitari. Offre sostegno anche a chi deve terminare gli studi superiori, per permettere poi a chi volesse, di iscriversi anche all’Università da dentro il carcere.

Il professor Simonetta ci ha spiegato perché ha voluto creare questa iniziativa:

Non volevo fare semplicemente del bene o del volontariato puro, ma garantire concretamente il diritto allo studio nelle carceri”

Ecco anche un video del Professor Simonetta dove racconta un po’ il progetto.

Non è stato semplicemente un buon gesto, ma un atto anche “politico“, portando l’università nel posto più impensabile, ossia il carcere.

Questo anche per evitare, come ci ha tenuto a sottolineare il prof, che l’Università non sia un luogo d’élite, ma piuttosto un’istituzione che va dappertutto.

Simonetta ci ha anche spiegato che la scelta dei tutor è stata coraggiosa proprio per il fatto che talora le istituzioni penitenziarie sono restie all’idea di far “entrare” le università con numeri rilevanti di persone provenienti dall’esterno. Un conto è permettere agli studenti ristretti di studiare, un altro è far entrare studenti liberi ad aiutarli.

Questa problematica si rispecchia nei diversi atteggiamenti delle carceri verso il progetto: ad esempio, la Casa di reclusione di Bollate può aprirsi con maggiore facilità a un progetto simile, mentre quella di Opera richiede misure più stringenti.

I numeri di tale iniziativa sono impressionanti: in pochi anni UniMi ha registrato 159 studenti, principalmente di cinque istituti: la Casa di Reclusione di Opera, la Casa di Reclusione di Bollate, la Casa Circondariale di Milano – San Vittore, la Casa Circondariale di Monza, la Casa Circondariale di Pavia – Torre del Gallo, la Casa di Reclusione di Vigevano.

Addirittura, in base agli ultimi dati forniti alla CNUPP per l’anno accademico 2023/24, risultano 3 studenti iscritti da Pavia e 15 da Voghera.

Si contano anche 5 studenti al 41 bis, il regime di massima sicurezza delle carceri italiane, e qui il supporto ai tutor volontari non è permesso. Questi studenti vengono aiutati per corrispondenza grazie alle referenti del progetto, che, per esempio portano un libro in carcere, e sarà poi consegnato dagli agenti penitenziari.

corsi di laurea coinvolti sono 38, appartenenti a tutte le 10 facoltà dell’Ateneo.

Possiamo dunque concludere che il Progetto UniMi è uno dei più completi per quanto riguarda lo studiare dal carcere, e grazie al professor Simonetta, alla referenti del progetto Chiara e Caterina, e a tutti i tutor, offre possibilità concrete per un riscatto sociale agli studenti ristretti.

Studiare dal carcere: il progetto UniMi

Abbiamo scoperto insieme la possibilità di studiare dal carcere. Conoscevi questa opportunità? Faccelo sapere sui nostri social, oppure torna alla pagina del blog!

About the author: Alessandro Faraoni, Thesis 4u intern